La Repubblica di Montescatto

chiesa montescatto

Il paese di Montescatto è di poche case. In una nicchia più antica un Sant’Antonio di pietra avrà visto passare i briganti chissà quante volte. (UR)

Il territorio circostante è un patchwork di boschi e di campi, piccoli e grandi. Fu questo il palcoscenico della storia della Banda Grossi. Non erano malvisti. Anzi, davano feste e balli e la gente dei dintorni partecipava.

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Il Sant’Antonio di pietra. Per gentile concessione del proprietario

La pieve di montescatto

Appoggiate sul fianco del monte, si alzano silenziose la canonica e la pieve di Montescatto.

Da una delle finestre della canonica, la sorella del parroco parlava con Grossi, mentre gli stivali del bandito affondavano nella neve del lungo inverno del 1861-62. I membri della banda vivevano riparandosi nelle case dei contadini, protetti dal parroco stesso. E spesso si ritrovavano all’osteria locale, l’Osteria Colonelli. (UR)

monte scatto chiesa
Chiesa di San Silvestro di Montescatto

I fatti di sangue dell’osteria colonnelli

Una domenica di carnevale del 1862 nell’osteria Colonelli entrarono due banditi con le doppiette in mano e sedettero vicino al camino. Nella stanza si trovava Zeffirino Fumelli, 19 anni, anche lui con la doppietta in spalla. I briganti conoscevano bene la sua famiglia. A un certo punto Frontini si alzò e uscì dal locale. Anche Fumelli e il secondo bandito lo seguirono. Dopo un po’, una fucilata echeggiò nel cielo.

Fumelli, ferito, si trascinò nella stalla, nascondendosi in una cesta. Intanto Grossi, sentendo il colpo dalla canonica di Montescatto, corse giù su un sentiero gelato arrivando infine alla stalla. I banditi riuniti entrarono a cercare il giovane. Spararono due ulteriori colpi e Zeffirino Fumelli fu ucciso.

briganti banda grossi zeffirino fumelli
L’assassinio di Zeffirino

Poco dopo i tre scendevano a Ca’Betto, imprecando contro le spie e cantando. Non si conosce il vero motivo dell’uccisione. Chi dice che fosse una spia, chi dice che fosse stato un amore della sorella del prete, ora impegnata con il Grossi.

I carabinieri marciarono sette ore nella neve alta per arrivare a Montescatto ad indagare sull’omicidio. Raccolsero le testimonianze, varie e contrastanti.

Emerse che il parroco serbava rancore nei confronti della famiglia di Zeffirino. I Fumelli infatti avevano denunciato il parroco al vescovado perché aveva fatto tagliare illegalmente delle querce. Il parroco, poi, si era rifiutato di benedire la loro casa nel periodo pasquale, chiaro segno di ostilità. In una veglia presso il fuoco di un altro paese Frontini disse che a Montescatto sarebbero saliti a chiudere il conto a una spia.

Un racconto tramandato dalla famiglia Fumelli narra che quella sera avvisarono Zeffirino di non recarsi all’osteria, poiché vi era stata avvistata la banda Grossi. Perchè mai i Fumelli temevano il Grossi? Eppure tempo addietro i Fumelli accolsero in casa dei briganti (se volentieri o meno, questo resta da vedere). Non lo sapremo mai.

Una repubblica di briganti

Le scorribande dei briganti si svolsero tra il Furlo, Cagli, Pergola e Fossombrone: questi territori formano un quadrato in cui al centro si evidenzia Monte Scatto. Questa frazione era così difficile da raggiungere da venir considerata una vera e propria Repubblica di briganti, dove l’Osteria Colonelli fungeva da “Municipio”. (MF)

repubblica monte scatto

Bibliografia

(UR) – Uguccioni R., Monsagrati M. (1983): “VERA STORIA DELLA BANDA GROSSI” (Editrice Flaminia)

(MF) Centanni G., Ramoscelli R: (2010) “Le Marche Fuorilegge” (Edizioni Cucina Dialettale “Da Rolando”

La Banda Grossi

La Banda Grossi era una organizzazione di briganti molto attiva tra il 1861 e 1862 nel nord delle Marche. Il nome della banda viene da quello del suo capo, Terenzio Grossi.

componenti

Il numero dei componenti la banda non era fisso; i nomi più importanti erano:

  1. SANTE FRONTINI, detto Mengòn
  2. LUIGI TREBBI, detto Cacabasso
  3. GAETANO GERBONI, detto il bel Gaetano
  4. OLINTO VENTURI, detto Zinzin
  5. BIAGIO OLMEDA
  6. PIETRO PANDOLFI
  7. GIUSEPPE ALUNNI, detto Pajno
  8. BALDASSARRE MACCAGLI
  9. GIOVANNI BATTELLI, detto Pietraccio
  10. MARCO GROSSI, fratello minore di Terenzio e pentito nel 1861 per i crimini commessi insieme alla banda. (Wiki)

storia

Terenzio Grossi era nato a Casenuove di Urbania il 25 settembre 1832 in una famiglia contadina schiavi della mezzadria che li costringevano a peregrinare da un podere all’altro quando gli scadevano i contratti.

Fin da giovane ebbe problemi con la giustizia di Sua Santità che lo avviarono per la via del delinquere. I reati commessi furono tanti come le condanne che ebbe. Recluso nei carceri, riusciva a fuggire. Clamorosa fu la fuga da San Leo.

La fama dell’evasione gli dava un nuovo titolo e nelle campagne lo chiamavano il “Bandito”. A Isola di Fano aveva amici e appoggi e alcuni componenti della banda provenivano da questa frazione. Le loro scorribande iniziarono a dilagare nella provincia di Pesaro. Erano molto violente.

I loro principali obbiettivi erano di derubare tutti coloro che avevano ricchezze. I possidenti (proprietari della terra) facevano di tutto per proteggersi. Nei loro palazzi ancora oggi troviamo feritoie nei soffitti delle scale per sparare ai briganti e non farli salire ai piani superiori.

banda grossi
Grossi e Frontini sulle scale di un palazzo

I loro attacchi si riversavano anche contro lo Stato Sabaudo perché lo giudicavano “infame”, in quanto metteva le tasse ai contadini e leggi ferree per l’ordine pubblico. E non accettavano di andare a fare la leva obbligatoria.

Ma lo Stato “infame”, per nulla accomodante, non avrebbe tollerato alcuna delinquenza al proprio interno.

LA FINE DELLA BANDA

Ormai la banda aveva il tempo contato. Tra morti e imprigionati, la banda si era ridotta a un cimitero.

In una notte di agosto del 1862, Grossi andò a cercare il brigante Olmeda per ucciderlo perchè ritenuto una spia. Gli sparò due colpi: il primo uccise l’Olmeda e il secondo provocò la rottura della canna della doppietta ferendo in modo grave la mano sinistra del Grossi.

Da lì iniziò un peregrinare di posti per nascondersi. Una notte, lungo il sentiero che dalla Volpara portava a Isola di Fano, Grossi  non immaginava che la morte gli camminasse alle spalle. Frontini sparò due colpi che gli fracassarono la testa. Aveva venduto la sua vita per salvare la propria, cosa che peraltro non gli riuscì, alla fine. (UR)

Recentemente il prof. Giulietti Serafino ha condotto una inchiesta sulla vera morte del bandito Grossi, mettendo a confronto la storia narrata, con lucido e vivo ricordo, da Bonifazi di Caspessa e i documenti dei testimoni registrati negli Archivi di Stato di Urbino e di Pesaro. E’ emerso un quadro totalmente diverso dai documenti processuali, un quadro in cui la lealtà e l’amicizia del Frontini non vengono messe in discussione. (GS)

Ad ogni modo, I resti di Grossi riposano ora nella chiesa di Isola di Fano, mentre il Frontini fu condannato alla ghigliottina. Anche Venturi, detto Zinzin, fu trovato morto al passo di Monte Paganuccio. Si racconta che perì in un conflitto a fuoco con le Forze dell’ordine, anche se non tutti credono a questa versione. Oggi il luogo del ritrovamento del brigante viene chiamato dai residenti “Passo di Zinzin”.

Un vecchio di Isola di Fano, che anni fa aveva lavorato alla Chiesa di Montescatto, raccontò questa storia: sotto una lastra della cripta avevano trovato sepolto un uomo messo in posizione contraria rispetto alle altre salme. La salma aveva gli stivali ai piedi. (UR)

Era uno della banda? Forse il famigerato Zinzin?

Bibliografia

(Wiki) – Wikipedia-Banda Grossi

(UR) – Uguccioni R., Monsagrati M. (1983): “VERA STORIA DELLA BANDA GROSSI” (Editrice Flaminia)

(GS) – Giulietti S. (2021): “ESEGESI DI UN ASSASSINIO” (Editrice Alter Erebus)